Enya


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Enya, 7/10
Watermark, 8/10
Shepherd Moons, 7/10
The Memory Of Trees, 7/10
A Day Without Rain , 5/10
Amarantine (2005), 4/10
Dark Sky Island (2015), 4/10
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Summary.
Enya, or, better, Eithne Ni Bhraonain (one of the Clannad family), concocted a potion of Celtic-like melodies, exotic rhythms, neoclassical electronics and angelic whispers that would be hugely influential, particularly on new-age music (which, in turn, was also her main influence). Her solo debut, Enya (1987), highlighted her talent for composing catchy and celestial melodies, embellishing them with all sorts of crescendoes and bridges, and adding march-like tempos to them. The symbiosis between her childish tone and Nicky Ryan's meticulous, almost orchestral arrangements was magic. Watermark (1988) refined the idea, increasing the similarities of Enya's tunes (broadly based on nursery rhymes and lullabies) with madrigals, vespers and mottets of the Middle Ages and of the Renaissance, while at the same time increasing the doses of exotic ingredients. Rather than speculating on the hummability of the tunes, Enya and Ryan bestowed on them a lyrical, austere, solemn and ethereal quality. They also introduced a technique that was pure avantgarde: bring the tune to a standstill, until it becomes abstract sounds in slow, majestic motion. The melody then disappears, but only to reappear after lengthy pauses of immaculate ecstasy. Enya's sound continued to "faint", reaching a sort of coma on the even more ornate Shepherd Moons (1991) and The Memory Of Trees (1995). But her fundamental gift remained the melodies, as proven by the sublime carillon of Only If (1997).
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La cantante irlandese Enya Brennan (o, piu` correttamente, Eithne Ni Bhraonain) inizio` la sua carriera musicale nel 1980 nei Clannad, un gruppo storico del revival Irlandese in lingua Gaelica. Dopo due anni lascio' il gruppo per cimentarsi in composizioni contrassegnate da un vocalismo tanto solenne e nobile quanto lirico ed etereo, e da armonie sintetiche (ispirate alla musica classica) tanto austere quanto maestose ed eteree, prossime a quelle meditative della new age.

Sul primo album, Enya (BBC, 1987), riedito come The Celts (WEA, 1992), Enya conio` la tecnica che avrebbe fatto la sua fortuna: utilizzare strumenti tradizionali irlandesi, la chitarra elettrica, il sintetizzatore e il basso, e soprattutto i vocalizzi sovrapposti in moltitudini di eco e contrappunti, per evocare paesaggi magici e arcaici.
The Celts e' il brano, tratto da una serie televisiva, che la rese celebre in Irlanda. In questi ritornelli infantili (il piu` esplicito e` Fairy Tale, ma anche Boadicea, canticchiata a labbra chiuse) si sublima l'arte delle ninnananne, dei girotondi e dei carillon, ma con il tono austero della musica classica. La prossimita` con il madrigale, il vespro e la song rinascimentali e` evidente in arie solenni come I Want Tomorrow, Triad, To Go Beyond.
L'aspetto piu` originale e personale dell'arte di Enya nasce proprio dal "rallentare" quei madrigali fino a farne suoni astratti in lento, maestoso movimento. La qualita` melodica, allora, si spappola e riaffiora soltanto dopo lunghe pause di pura estasi. Acquarelli meditativi come Aldebaran (vocals fluttuati fra le nubi compongono melodie angeliche), The Sun In The Stream (con pianoforte e cornamuse in primo piano), Portrait (una sonata per pianoforte con sezione d'archi sintetizzata), propongono un intimismo soffuso e sorridente che ha qualcosa di umile, rurale e francescano, in forte contrasto con la musica rumorosa dei suoi tempi.
Enya compone tutte le musiche e suona tutti gli strumenti. Nell'arrangiamento l'aiuta Nicky Ryan.

Watermark (WEA, 1988), ricco di ballate meticolose e intensamente cromatiche, talvolta quasi sinfoniche, sempre epiche e impalpabili, rappresenta uno sforzo piu` classico che pop. Enya intuisce che il suo folk astratto ha un appeal molto superiore a quello del suo retroterra culturale. Architettando le sue composizioni in maniera piu` orchestrale, accentuando la componente minimalista delle armonie, rallentando ulteriormente i ritmi, protendendo in maniera ancor piu` angelica le sue vocali sui suoni sofficissimi degli strumenti, Enya finisce per abbracciare la filosofia (spirituale, contemplativa, adulta) della musica new age, ma da una prospettiva al tempo stesso piu` metafisica (in quanto colma di richiami al soprannaturale) e antropologica (in quanto straripante di echi del passato).
Il disco sfoggia cosi` romanze pianistiche come Watermark, che fungono da ouverture a paesaggi fiabeschi, e inni solenni, d'intensita` quasi religiosa, come On Your Shore, cantati con tono lirico e austero nel suo limpido registro di contralto medievale. La lenta ninnananna estatica di Longships sfiora la trance buddista.
La qualita` paradisiaca del suo sound trionfa nella marcia per percussioni africane e solfeggi celestiali di Storms In Africa, un capolavoro di progressione melodica che e` esemplare di come Enya riesca a secernere il massimo di emozione con il minimo dello sforzo armonico.
Il lato commerciale della sua operazione prende il sopravvento nella cantilena in crescendo di Cursum Perficio, un saggio di applicazione delle tecniche minimaliste ai canti gregoriani, reminescente del coralismo di massa di Atom Heart Mother (Pink Floyd).
Ancor piu` spettacolare e` il crescendo a ritmo di jungla di Orinoco Flow, destinato a rimanere il suo brano piu` celebre. Il ritmo e` battuto dalle tastiere piu` che dalle percussioni. Il coro ripete, come sempre, un ritornello semplicissimo, facendo un uso molto elementare del controcanto. Il senso di progressione incalzante viene creato da rapide figure di pianoforte e dal rombo dei tam tam. Quella di Enya e` una musica pochissimo polifonica, e` un genere di canto che non conosce quasi il contrappunto. Eppure incanta.

Shepherd Moons (WEA, 1991) non ritrova del tutto quella magia, anche se l'apertura celestiale della title-track, la sonata pianistica di Lothlorien, il madrigale rinascimentale di Marble Halls (uno dei pochi traditional da lei ripescati), l'inno medievale di Afer Ventus (un esperimento canoro insolitamente complesso per lei) e la marcia trionfale di Ebudae (una versione piu` etnica di Orinoco Flow) riciclano i suoi trucchi di arrangiamento e la sua arte di aerei contrappunti. Le sue arie conservano comunque un pathos profondo, talvolta solenni come un'"Ave Maria", talaltra sottotono come una ninnananna per bambini. Le orchestrazioni sono spesso classiche (compresi arpa, violoncello e pianoforte).
Enya ritrova la forma migliore nel valzer di Caribbean Blue, una delle sue composizioni piu` briose e uno degli apici melodici delle sue divine filastrocche. L'orchestrazione e` geniale: il contrabbasso tiene il tempo del valzer, mentre gli strumenti a corda si scatenano in un tintinnio che imita il clavicembalo baroccos e i violini incalzano come in un concerto di Vivaldi. Le progressioni del canto, che fluttua in nuvole di cori angelici, completano la suggestione. Un'altra melodia brillante e` quella di Book Of Days, una delle sue canzoni piu` regolari, propulsa da imponenti scansioni di tastiere elettroniche alla Vangelis.
Nel complesso un tono piu' angelico sfuma ulteriormente il cuore delle sue composizioni.

The Memory Of Trees (Warner Bros, 1995) odora ancor piu` di seconda mano. The Memory Of Trees e Athair Ar Neamh, per quanto formalmente impeccabili, non aggiungono davvero nulla, si limitano a rimescolare tecniche gia` sfruttate diverse volte. Troppi brani vivono soltanto di riflesso, di ricordi, di dejavu. On My Way Home e` l'ennesima revisione della progressione di Orinoco.
I vertici del disco sono invece le composizioni piu` insolite: la cantilena ondeggiante di Anywhere Is (con un accompagnamento minimalista d'orchestra d'archi che ricorda la musica da camera di Michael Nyman), e la marcia funebre di Pax Deorum (un sortilegio cantato in tono macabro su uno sfondo tempestoso di tamburi da tempio egizio e coro da tragedia greca) aria soave China Roses che nuota in fulgori di clavicembalo e nebbie di violini. L'orchestra si fa da parte quando il suo contralto cristallino intona inni purissimi come Once You Had Gold nello stile del madrigale rinascimentale che e` sempre stato una delle sue massime ispirazioni. La delicata romanza pianistica From Where I Am svela forse un ambizione nascosta, quella della compositrice di musica new age strumentale. Il sodalizio fra Nicky Ryan e Enya giunge qui al suo apice barocco. L'arrangiamento e` perfetto, ma spesso non ci sono emozioni a giustificarlo.

I gorgheggi fluttuanti di Enya si situano al confine fra il folk piu' ancestrale e la musica da chiesa, esplorando cosi' un territorio di registri poco frequentato nella storia della musica popolare.

Le sue filastrocche (memori di tradizioni secolari nel campo delle ninnananne, dei sortilegi, dei girotondi, delle lullaby) sembrano provenire da un altro universo, da un mondo magico e onirico in cui non valgono le leggi terrestri della gravita`. Enya spesso canticchia sottotono, praticamente priva di emozioni. La melodia si ripete meccanicamente, come nel piu` rigoroso minimalismo. Eppure da tanta semplicita` Enya riesce a esumare le spoglia di qualcosa di ancestrale e di profondamente "umano", qualcosa che sa di cerimoniali arcaici e di emozioni primordiali, di qualcosa radicato nella psiche collettiva della razza umana. Enya ha riscoperto la musica cosi` com'era prima di essere "inventata" dai musicisti: un puro atto espressivo, un puro suono astratto, prima ancora del pensiero e della parola.

Paint The Sky With Stars (1997) e` un'ottima antologia, che propone anche due nuovi brani: Paint The Sky With Stars, un inno radioso che si colloca fra le sue piu` accattivanti song rinascimentali, e Only If, un carillon ripetuto su un incalzante contrappunto di orchestra barocca (clavicambalo e violini), che rimarra` forse il suo massimo capolavoro.

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A Day Without Rain (Reprise, 2000) is an album about how Enya makes music. It has the sophisticated, manic electro-classical arrangements, and it has her soft, mesmerizing, acrobatic vocals. Unfortunately, it doesn't have music to match the medium. The single, Only Time, merely recycles a handful of sonic stereotypes from her career.

Other than featuring three tunes sung in the language she herself invented ("Loxian"), Amarantine (2005) and Dark Sky Island (2015) had little to distinguish them from wallpaper.

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